In un’epoca in cui la pressione lavorativa e lo stress sembrano essere all’ordine del giorno, il termine “burnout” è sulla bocca di tutti. Coniato nel 1974 dallo psicologo Herbert Freudenberger, il burnout va oltre la semplice sensazione di stress. Non si tratta soltanto di sentirsi stanchi dopo una lunga giornata o di non riuscire ad affrontare settimane estremamente impegnative.
È una reazione allo stress lavorativo prolungato e cronico, caratterizzata da sintomi distintivi come esaurimento, cinismo e una sensazione di ridotta capacità professionale. Questo fenomeno ha un impatto sia sul piano fisico che su quello mentale e, se non viene gestito adeguatamente, può sfociare in problemi di salute più gravi, come ansia e depressione. Vediamo come si manifesta il burnout sul lavoro, cosa fare e quali sono i diritti del lavoratore colpito da burnout.
Burnout lavorativo: cos’è e quali sono le cause
Il burnout lavorativo è un fenomeno che ha attirato l’attenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che lo definisce come uno “stato di esaurimento vitale“. Ma il burnout è molto più di questo, e rappresenta solo la punta dell’iceberg di una problematica diffusa.
Nel maggio 2020, durante il picco della pandemia di COVID-19, il 41% dei lavoratori ha dichiarato di sentirsi esaurito a causa dello stress legato al lavoro, mentre un sondaggio di pochi mesi prima riportava una percentuale del 23%. Tuttavia, il burnout non è affatto un “problema pandemico”: un’indagine condotta da Deloitte nel 2015 ha rivelato che un incredibile 77% dei professionisti intervistati aveva già sperimentato il burnout sul posto di lavoro attuale, e il 91% concordava sul fatto che un eccessivo livello di stress influisse negativamente sulla qualità del loro lavoro.
Il burnout lavorativo, se non affrontato, può avere gravi conseguenze a livello fisico, mentale ed emotivo, influendo su tutti gli aspetti della vita. Se una forma lieve di burnout professionale può comportare meno soddisfazione nel lavoro, esaurimento mentale e fisico e tensioni nei rapporti di lavoro, nel caso di un grave burnout, le conseguenze possono essere devastanti, arrivando a provocare malattie croniche, sia fisiche che mentali, la rinuncia al proprio lavoro o addirittura la morte.
Sì, hai letto bene: lo stress legato al lavoro può portare alla morte. Un articolo della BBC del 2016 descrive dettagliatamente il fenomeno del “karoshi”, ovvero la “morte per superlavoro”. Sebbene i casi in Giappone abbiano attirato l’attenzione a livello internazionale, si sono verificati decessi attribuiti al superlavoro in numerosi paesi del mondo, e purtroppo i numeri continuano a crescere.
Il burnout lavorativo può avere diverse cause, tra cui:
- Mancanza di controllo. L’incapacità di poter avere voce in capitolo nelle decisioni relative al proprio lavoro, come il programma, gli incarichi o il carico di lavoro, può portare al burnout.
- Aspettative lavorative poco chiare. Se non si ha una chiara comprensione del proprio ruolo e delle aspettative dei superiori, è probabile che ci si possa sentire a disagio sul posto di lavoro.
- Dinamiche disfunzionali del luogo di lavoro. Lavorare in un ambiente in cui ci sono problemi di bullismo, conflitti tra colleghi o un cattivo management può aumentare lo stress lavorativo.
- Mansioni ripetitive. Lavori monotoni o caotici richiedono un continuo sforzo per rimanere concentrati, il che può portare a una rapida stanchezza e al burnout.
- Mancanza di supporto sociale. La sensazione di isolamento sia sul posto di lavoro che nella vita personale può aumentare il livello di stress.
- Squilibrio vita-lavoro. Se il tuo lavoro richiede così tanto tempo ed energie da impedirti di trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici, è probabile che ti esaurirai rapidamente.
Per gestire con successo il burnout, è fondamentale riconoscere i primi sintomi e iniziare a trattarli immediatamente, infatti il burnout non si manifesta improvvisamente ma è il risultato di un accumulo di stress e pressioni nel tempo.
Quali sono le quattro fasi del burnout sul lavoro?
Il burnout è una condizione che si sviluppa gradualmente nel tempo, alimentata dai tentativi inefficaci o addirittura disfunzionali di gestire lo stress lavorativo. Nel suo percorso evolutivo, il burnout si articola in quattro fasi distintive:
- Fase dell’entusiasmo idealistico. In questa prima fase, il lavoratore nutre aspettative elevate e spesso irrealistiche riguardo al suo lavoro. Si illude di soluzioni semplici, di un successo immediato e generalizzato, dell’apprezzamento degli altri, del miglioramento del proprio status e di altre aspirazioni simili.
- Fase di stagnazione. La seconda fase, conosciuta anche come fase di stagnazione, segna un cambiamento nel quadro emotivo del lavoratore. Nonostante continui a svolgere il suo lavoro, inizia a percepire una mancanza di soddisfazione. I risultati dei suoi sforzi iniziano a sembrare inconsistenti e emerge un sentimento di delusione profonda.
- Fase di frustrazione. Nella terza fase, il lavoratore inizia a credere di non poter più apportare alcun beneficio nel suo ambito professionale. Questo senso di impotenza è spesso aggravato dalla mancanza di riconoscimento e apprezzamento da parte dei superiori o degli utenti del servizio. In questa fase, la frustrazione può manifestarsi attraverso comportamenti aggressivi verso se stessi o gli altri, oppure attraverso tendenze a ritirarsi e isolarsi.
- Fase di disimpegno emozionale. Durante questa fase, si assiste spesso a una vera e propria “morte professionale“. Il lavoratore perde il suo legame emotivo con il lavoro, diventando indifferente alle richieste e alle esigenze degli altri. La passione si spegne, e il senso di vuoto e distacco diventa predominante.
È importante sottolineare che, oltre agli aspetti personali legati alla gestione dello stress lavorativo, la sindrome di Burnout può essere influenzata da carenze organizzative e socio-economiche, che possono far perdere di vista i bisogni dei lavoratori, contribuendo all’insorgenza e all’aggravamento del burnout.
Burnout sul lavoro: i sintomi della malattia del secolo
Il burnout, come descritto da Freudenberger nel suo libro “Burnout: The High Cost of High Achievement“, è “l’annullamento della motivazione o dell’incentivo”, soprattutto quando un individuo dedica sé stesso a una causa o a una relazione senza ottenere i risultati desiderati. Tuttavia, questa definizione, sebbene accurata, non cattura appieno l’esperienza emotiva di chi lo vive.
Il burnout sul posto di lavoro è una realtà complessa e di vasto impatto che può generare una serie di conseguenze negative che si riflettono su tutti gli aspetti della vita di una persona. Chiunque sia colpito da burnout può sperimentare:
- Problemi di salute fisica. Lo stress cronico derivante dal burnout può avere effetti devastanti su benessere fisico, a causa di eccessivo stress, fatica e un aumento significativo delle probabilità di sviluppare malattie cardiache, ipertensione, diabete di tipo 2, problemi respiratori e persino una maggiore probabilità di morte prematura prima dei 45 anni.
- Problemi di salute mentale. Il burnout può minare la salute mentale delle persone, portando a depressione, rabbia, irritabilità, ansia e aumentando la probabilità di richiedere assistenza per la salute mentale, come l’uso di farmaci o il ricovero ospedaliero.
- Conseguenze personali. Le conseguenze personali del burnout sono altrettanto gravi, con persone che possono ricorrere all’abuso di alcol o sostanze, isolarsi da amici e familiari, trascurare le responsabilità finanziarie, sviluppare rabbia verso i propri cari e persino diventare incapaci di adempiere alle proprie responsabilità quotidiane.
- Conseguenze professionali. Sul piano professionale, il burnout può causare insoddisfazione lavorativa, distacco da colleghi e amici sul luogo di lavoro, una ridotta capacità di svolgere il proprio lavoro in modo efficace e un notevole impatto sulle risorse aziendali.
È fondamentale comprendere che i problemi derivanti dallo stress sul lavoro non dovrebbero essere minimizzati o ignorati, ma richiedono attenzione e interventi tempestivi per evitare che si sviluppino ulteriormente e diventino irreversibili.
Quali lavoratori rischiano maggiormente di essere colpiti dal burnout?
Il burnout è una condizione che può colpire qualsiasi categoria di lavoratori, ma alcuni sono sicuramente più a rischio di altri.
I lavoratori coinvolti in professioni ad alta interazione con gli altri, come medici, infermieri, assistenti sociali, insegnanti e operatori del settore sociale, sono più esposti al rischio di burnout. Queste professioni comportano spesso un intenso stress emotivo legato all’assistenza e alla cura degli altri.
Anche professioni usuranti con alto carico di responsabilità, come commercianti, imprenditori e liberi professionisti, rischiano il burnout più di altri lavoratori, così chi svolge lavori monotoni, alienanti e ripetitivi, specie se accompagnati dalla mancanza di opportunità di crescita professionale.
Va sottolineato che non tutte le forme di stanchezza e demotivazione sul lavoro sono sintomi di burnout. La sindrome da burnout è strettamente legata al contesto lavorativo e si sviluppa in situazioni in cui esiste un significativo divario tra la natura del lavoro e le caratteristiche personali di chi lo svolge.
Come uscire dal burnout: 4 modi per ritrovare la serenità sul posto di lavoro
Il burnout è una sfida che non si risolve da sola, richiede un impegno concreto e azioni mirate per essere affrontato in modo efficace. Vediamo quattro strategie fondamentali per superare il burnout e riconquistare la serenità sul posto di lavoro.
1. Priorità al sonno e all’esercizio fisico
L’esaurimento causato dal burnout può aggravare ulteriormente il tuo stato mentale e fisico. È essenziale concedersi un adeguato riposo notturno, con almeno sei ore di sonno per garantire un funzionamento ottimale. Ma non si tratta solo di recuperare il sonno perso in una singola notte, bensì di stabilire un equilibrio costante tra lavoro e riposo per evitare di accumulare un debito di sonno. Inoltre, l’attività fisica regolare può contribuire significativamente al miglioramento del tuo benessere mentale e fisico, poiché stimola la produzione di endorfine che riducono lo stress e migliorano l’umore.
2. Concediti una pausa
Poiché il burnout deriva dallo stress lavorativo, il modo migliore per affrontarlo è allontanarsi temporaneamente dal lavoro e prendere una vera pausa. Se possibile, pianifica una o due settimane di ferie o di congedo per distanziarti completamente dalle pressioni lavorative. Durante questo periodo, è fondamentale disconnettersi completamente dalla casella di posta elettronica e dai messaggi di lavoro. Resistere alla tentazione di controllare costantemente le comunicazioni professionali è cruciale per consentire al tuo corpo e alla tua mente di rigenerarsi.
3. Rompi la routine quotidiana
Per sconfiggere il burnout, è importante sfuggire alla monotonia della routine quotidiana. Fai qualcosa di diverso, qualunque cosa ti appassioni. Potrebbe trattarsi di leggere un libro, guardare una serie comica o assistere a un concerto: va bene qualsiasi cosa mantenga acceso l’interesse per la vita quotidiana. Questo ti permetterà di concentrarti su nuovi stimoli e prospettive, contribuendo a una pausa dai tuoi soliti obblighi e impegni regolari. Questo cambiamento può anche portarti a nuove idee da applicare al tuo lavoro.
4. Cerca il sostegno degli altri
Le persone colpite dal burnout spesso si ritrovano isolate, incapaci di mantenere relazioni sociali a causa dello stress e dell’esaurimento emotivo. Tuttavia, è fondamentale comprendere che l’isolamento può peggiorare la situazione. Cerca di riconnetterti con amici con cui hai perso il contatto o cerca di partecipare agli incontri sociali con i tuoi colleghi invece di consumare il pranzo da solo alla scrivania. Il sostegno degli altri può essere fondamentale per uscire dalla spirale del burnout.
Infine, se i sintomi del burnout influiscono negativamente sulla tua vita quotidiana, è essenziale cercare aiuto professionale. Inoltre, se ritieni che il tuo lavoro attuale non soddisfi le tue aspettative e che il tuo impegno non sia riconosciuto, potresti dover valutare la possibilità di cercare un nuovo ambiente professionale che possa contribuire al tuo benessere a lungo termine.
Cosa spetta al lavoratore colpito da burnout?
Secondo le normative vigenti, lo stress correlato al lavoro è considerato un rischio aziendale che richiede valutazione e prevenzione in ogni contesto lavorativo, come indicato nel Testo unico sulla sicurezza (D. Lgs. 81/08) e in altri decreti del Ministero della sanità.
Tuttavia, per il lavoratore colpito da burnout, i diritti riconosciuti dipendono dalla manifestazione di patologie specifiche, in quanto lo stress in sé non è direttamente misurabile e riconosciuto dalla medicina del lavoro. Se la sindrome da burnout si sviluppa in una patologia vera e propria, ad esempio un disturbo depressivo maggiore, il lavoratore ha il diritto di far valere i suoi diritti. In tal caso, potrebbe essere riconosciuta una forma di invalidità, il cui grado dipende dalla gravità della patologia diagnosticata, variando dal 10% all’80%. Questo riconoscimento implica una diminuzione della capacità di lavorare.
Dal punto di vista fisico, il burnout può provocare dolori e problemi a vari organi, come il cuore o il fegato. Queste condizioni patologiche devono essere valutate caso per caso, e se generano difficoltà significative che giustificano il riconoscimento dell’invalidità, il lavoratore ha diritto a forme di assistenza specifiche.
Tra queste forme di assistenza rientra la possibilità di ottenere un assegno di invalidità ordinario o civile. Inoltre, se il burnout porta a conseguenze particolarmente gravi, fino al 100% di invalidità, il lavoratore potrebbe avere diritto anche alla pensione di invalidità.
Per quanto riguarda le assenze giustificate dovute al burnout, valgono le stesse condizioni applicate alle altre patologie, indipendentemente dalla loro origine. In ogni caso, il lavoratore ha diritto a una giusta considerazione delle sue condizioni di salute e alle adeguate misure di sostegno, conformemente alle disposizioni legali in vigore.