Salario minimo: cos’è e quando sarà approvato in Italia

Nell’attuale panorama socio-economico, il concetto di salario minimo orario ha assunto un ruolo di crescente rilevanza nelle discussioni politiche e pubbliche. In Italia, come in molte altre nazioni, il dibattito su questa misura è diventato centrale, generando interesse e controversie. Mentre alcuni vedono il salario minimo come una tappa fondamentale verso una maggiore giustizia sociale, altri sollevano preoccupazioni riguardo alle possibili ripercussioni sul mercato del lavoro e sulla competitività delle imprese.

Ma in cosa consiste esattamente il salario minimo e quali sono le implicazioni della sua possibile approvazione nel contesto italiano? Scopriamolo in questo approfondimento. 

Cos’è il salario minimo?

Il salario minimo, noto anche come salario minimo legale o salario minimo garantito, è il livello minimo di retribuzione che un datore di lavoro è legalmente tenuto a pagare ai suoi dipendenti per l’orario di lavoro prestato. Questo importo è fissato dalle autorità governative o da accordi contrattuali e rappresenta un punto di riferimento fondamentale per stabilire un livello di remunerazione che sia considerato equo e dignitoso per i lavoratori. In questo contesto, il governo interviene nel processo di contrattazione collettiva, limitando la determinazione autonoma dei salari operata dal mercato, al fine di aumentare le retribuzioni per coloro che si trovano nella parte inferiore dello spettro salariale.

Spesso, la questione del reddito di cittadinanza viene confusa con quella del salario minimo. Molti ritengono che il reddito di cittadinanza, se non accompagnato dal salario minimo, potrebbe disincentivare la ricerca attiva di lavoro. Tuttavia, è cruciale comprendere che queste sono due misure distinte: il reddito di cittadinanza rappresenta un sostegno economico erogato indiscriminatamente a lavoratori e disoccupati; al contrario, il salario minimo si focalizza esclusivamente sui lavoratori, mirando a tutelare coloro che, nonostante l’occupazione, rischiano di trovarsi ai margini della soglia di povertà.

Salario minimo: com’è la situazione in Italia nel 2023?

In Italia, il dibattito sul salario minimo ha da sempre suscitato discussioni e riflessioni sulla retribuzione adeguata per i lavoratori. Benché non sia attualmente formalmente previsto nella legislazione, le basi costituzionali per una legge sul salario minimo possono essere individuate nell’articolo 36, che sancisce il diritto dei lavoratori a una retribuzione dignitosa. Questo ha spinto i partiti di opposizione all’esecutivo Meloni, ad eccezione di Italia Viva, a depositare alla Camera lo scorso 4 luglio una proposta di legge per l’istituzione del salario minimo orario in Italia, al fine di introdurre una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora.

L’obiettivo di questa proposta di legge è quello di assicurare una retribuzione adeguata per tutti i lavoratori, stabilendo un compenso orario lordo che rappresenti una soglia al di sotto della quale i contratti collettivi nazionali (CCNL) non possano scendere. In pratica, questo significa che la retribuzione non potrà mai scendere al di sotto di un determinato livello, soggetto a revisione annuale. Ciò nonostante, l’intento principale della proposta è quello di conservare l’importanza della contrattazione collettiva a livello nazionale, ma allo stesso tempo introdurre una soglia minima oraria per proteggere i settori più vulnerabili e precari del mondo del lavoro, dove il potere negoziale dei sindacati è spesso limitato.

È importante ricordare che, nel corso degli anni, sono state presentate varie proposte di legge relative al salario minimo orario, ma molte di queste sono rimaste bloccate in Parlamento senza essere approvate. Tra quelle più dibattute ricordiamo il Disegno di Legge 310/2018, presentato dal Partito Democratico, e, più recentemente, quello proposto dal Movimento 5 Stelle, il 658/2018.

Le due proposte di legge presentano divergenze significative riguardo all’importo dell’orario lavorativo retribuito. Nel dettaglio, la proposta avanzata dal Partito Democratico prevede un salario orario di 9 euro netti (da adeguare secondo gli indici Istat), mentre il Disegno di Legge del Movimento 5 Stelle propone un importo di 9 euro lordi (da adeguarsi seguendo l’indice Ipca).

Secondo i promotori della proposta di legge attualmente in fase di dibattito, l’adeguamento delle imprese alle norme relative al salario minimo dovrebbe essere accompagnato da benefici temporanei specifici, che verranno stabiliti tramite la legge di bilancio del 2024. 

Si prevede che le disposizioni sul salario minimo possano entrare in vigore entro il 15 novembre 2024, in ottemperanza al termine fissato per l’implementazione della direttiva dell’Unione Europea.

La direttive UE sul salario minimo: cosa chiede l’Europa?

Sul finire dell’ottobre 2022, è stata ufficialmente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea una direttiva volta a garantire salari minimi adeguati per i lavoratori all’interno dell’Unione. L’obiettivo di questa direttiva è assicurare condizioni di vita dignitose per i lavoratori, promuovendo la riduzione delle disuguaglianze all’interno del mercato del lavoro, tramite diverse strategie:

  • Rafforzamento delle normative esistenti: per i 21 paesi dell’Unione Europea che già hanno implementato il salario minimo, la direttiva introduce regole più rigorose. Queste regole includono una maggiore trasparenza nella determinazione dei salari minimi e l’adozione di criteri ben definiti per stabilire gli importi.
  • Controllo più stringente: un sistema di controlli più efficace viene introdotto per garantire il rispetto delle nuove regole e per assicurare che i salari minimi adeguati siano effettivamente applicati.
  • Rafforzamento della contrattazione collettiva: la direttiva incoraggia attivamente il rafforzamento della contrattazione collettiva. Questo aspetto è particolarmente rivolto ai paesi in cui la percentuale di lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva è inferiore all’80%. L’obiettivo è quello di promuovere la negoziazione tra parti sociali e di garantire salari minimi adeguati.

È fondamentale sottolineare che la direttiva si rivolge principalmente a due casistiche specifiche: da un lato i Paesi dell’UE che già dispongono di un salario minimo stabilito per legge, aspetto che dunque esclude l’Italia; dall’altro agli Stati in cui la percentuale di lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva è inferiore all’80%. È importante notare che l’Italia, secondo le stime disponibili, ha una percentuale di copertura ben superiore a questa soglia.

Pertanto, per l’Italia, questa direttiva non rappresenta un “vincolo esterno” come temuto da alcuni o sperato da altri. La direttiva non richiede l’introduzione di un salario minimo orario né impone un livello specifico di retribuzione. Piuttosto, si concentra sulla governance del salario minimo, enfatizzando il coinvolgimento delle parti sociali, il monitoraggio e la raccolta dei dati, nonché l’applicazione dei salari minimi adeguati.

Salario minimo in Italia 9 euro all’ora: quali potrebbero essere le conseguenze?

L’attuale dibattito intorno all’introduzione di un salario minimo legale in Italia, fissato a 9 euro all’ora, ha scatenato un acceso confronto tra le implicazioni economiche e sociali di questa misura. Tuttavia, come sottolineato dall’Osservatorio sui Conti pubblici italiani (OCpi), è cruciale valutare attentamente le possibili conseguenze di una tale decisione.

Sebbene l’idea di un salario minimo sia indubbiamente finalizzata a sostenere il reddito dei lavoratori, l’Ocpi ha messo in luce che un importo di 9 euro lordi rappresenterebbe un notevole incremento dei costi del lavoro per le aziende italiane, portando all’aumento del lavoro in nero. Un confronto con gli altri 28 Paesi appartenenti all’OCSE, che già hanno un salario minimo legale, rivela che un salario di 9 euro lordi all’ora sarebbe il più elevato in tutta l’area OCSE.

Tuttavia, è fondamentale trovare un equilibrio tra un salario minimo che sia sufficientemente adeguato da supportare i lavoratori e uno che non sia eccessivamente alto, per evitare potenziali conseguenze negative. Infatti, secondo l’OCSE, un salario minimo compreso tra 5 e 7 euro lordi all’ora sarebbe più in linea con l’esperienza di altri Paesi europei e rispetterebbe le esigenze dei lavoratori senza causare gravi distorsioni nell’occupazione regolare e nell’economia.

Tra le voci critiche nei confronti dell’implementazione di un salario minimo legale, spiccano anche quelle provenienti dai sindacati dei lavoratori. Essi vedono nel salario minimo un possibile ostacolo alla loro azione contrattuale e temono che l’introduzione di una retribuzione minima possa limitare l’autorità salariale che è propria delle parti sociali. Inoltre, stabilire un salario minimo ex lege sembra non tener conto delle dinamiche dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), nei quali i minimi retributivi sono influenzati anche da componenti aggiuntive come le mensilità aggiuntive (13° e 14° mensilità). Questo potrebbe portare al risultato paradossale di fissare un salario minimo inferiore ai minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva.

In conclusione, l’ipotesi di stabilire un salario minimo di 9 euro all’ora in Italia solleva una serie di questioni complesse e profonde. Mentre l’obiettivo di garantire un reddito adeguato ai lavoratori è indiscutibilmente meritorio, è essenziale valutare attentamente le possibili conseguenze di una tale misura. L’equilibrio tra queste esigenze deve essere trovato attraverso un dialogo costruttivo tra le parti interessate, considerando anche la situazione economica e sociale del Paese.