La maternità è un momento di grande gioia e responsabilità nella vita di una donna. Affrontare la nascita di un figlio richiede preparazione, attenzione e supporto, specialmente per le lavoratrici che devono bilanciare le esigenze familiari con quelle professionali. Avere il diritto al congedo per dedicarsi alla cura e alla crescita del proprio bambino è un fondamentale passo avanti per garantire il benessere delle neo-mamme e dei loro piccoli.
In questa guida approfondiremo il significato e l’importanza del congedo di maternità in Italia, esplorando le normative di riferimento, i diritti delle lavoratrici e le tutele previste durante questo periodo cruciale. Dal congedo obbligatorio alle opzioni facoltative, scopriremo come il sistema legislativo italiano protegge le lavoratrici madri, garantendo loro il giusto equilibrio tra vita professionale e ruolo di genitori.
Congedo di maternità 2023: le norme che lo disciplinano
Il congedo di maternità è un momento fondamentale nella vita di una donna e del suo bambino, un periodo di tutela e protezione garantito dalla nostra Costituzione e da apposite normative. In Italia, il diritto alla maternità è sancito all’articolo 37 della Costituzione, che stabilisce una “adeguata protezione alla madre e al bambino“.
Il Codice Civile, all’articolo 2110, specifica che in caso di gravidanza o puerperio, il lavoratore ha diritto a una retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dagli usi o secondo equità. Inoltre, il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause citate deve essere computato nell’anzianità di servizio del lavoratore.
Tuttavia, la principale fonte normativa che disciplina il congedo di maternità è il Testo Unico della maternità, il Decreto Legislativo 151/2001, oggetto di successive modifiche e integrazioni. Questo Testo Unico fornisce una dettagliata regolamentazione dei diritti e delle tutele per le lavoratrici madri, garantendo loro il diritto al congedo obbligatorio e tutte le altre disposizioni correlate.
Che cos’è il congedo di maternità obbligatorio e quanto dura?
Il congedo di maternità obbligatorio, noto anche come maternità obbligatoria, rappresenta un periodo di astensione dal lavoro garantito alle lavoratrici madri (e in alcuni casi ai lavoratori padri) per un totale di 5 mesi, che comprendono sia il periodo precedente al parto che quello successivo.
L’astensione può essere richiesta, su domanda dell’interessata, in diverse modalità:
- la prima opzione prevede due mesi di astensione prima della data presunta del parto e tre mesi dopo, per un totale di 5 mesi;
- un’altra opzione, conosciuta come “maternità flessibile”, consente un mese di astensione prima del parto e quattro mesi dopo;
- un’altra novità, introdotta nel 2019, prevede l’opzione di prendere l’intero periodo di 5 mesi subito dopo il parto.
Inoltre, è possibile richiedere anche l’astensione anticipata di maternità, che permette di iniziare il congedo prima del periodo di maternità obbligatoria. Questo può accadere se la gravidanza è a rischio e l’Azienda Sanitaria Locale dispone l’interdizione anticipata, oppure se le mansioni lavorative sono incompatibili con la gravidanza, a seguito di disposizione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Domanda di estensione del congedo di maternità obbligatorio: come funziona?
In alcuni casi specifici, il periodo di maternità obbligatorio può essere prorogato fino a un massimo di 7 mesi dopo il parto. Le casistiche previste per l’estensione del congedo di maternità obbligatorio riguardano principalmente due situazioni:
- Lavori pericolosi, faticosi e insalubri, al fine di proteggere la salute della madre e del bambino, evitando l’esposizione a rischi o sforzi eccessivi durante il periodo post-parto;
- impossibilità di spostamento a altre mansioni, ovvero se la lavoratrice non può essere temporaneamente spostata ad altre mansioni all’interno dell’azienda, anche a causa di particolari esigenze legate all’attività lavorativa, è ammessa l’estensione del congedo di maternità. Questo è finalizzato a garantire che la lavoratrice non sia penalizzata o costretta a svolgere attività incompatibili con la sua condizione post-parto.
In queste casistiche specifiche, la lavoratrice ha la possibilità di prorogare l’astensione di ulteriori 4 mesi una volta terminato il periodo di maternità obbligatoria. Ad esempio, se inizialmente ha scelto l’opzione 2+3 (2 mesi prima del parto e 3 mesi dopo), il congedo potrà essere esteso fino a un massimo di 7 mesi dopo il parto.
Per richiedere l’estensione del congedo di maternità obbligatorio, la lavoratrice deve seguire la procedura prevista dall’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e fornire adeguata documentazione medica che attesti le motivazioni specifiche per cui si richiede la proroga.
A chi e come richiedere il congedo di maternità obbligatorio?
Per richiedere il congedo di maternità obbligatorio, la lavoratrice deve presentare la domanda all’INPS prima dei due mesi che precedono la data prevista del parto, ma in ogni caso mai oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, altrimenti potrebbe perdere il diritto all’indennità.
Prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità, la lavoratrice è tenuta a fornire al datore di lavoro un certificato medico di gravidanza, rilasciato da un medico del Servizio Sanitario Nazionale o da uno convenzionato, che provvederà all’invio telematico dello stesso.
Infine, è fondamentale che la lavoratrice comunichi al datore di lavoro la data di nascita del figlio e le relative informazioni entro 30 giorni dal parto, per garantire la corretta gestione del periodo di congedo e delle tutele previste per la maternità.
Congedo di maternità facoltativo: cos’è e come funziona
Il congedo parentale, comunemente noto come maternità facoltativa, è un’importante opportunità di astensione dal lavoro che può essere richiesta sia dai padri che dalle madri dipendenti per seguire la crescita dei propri figli. A differenza del congedo obbligatorio, il congedo parentale è concesso su richiesta e ha alcune limitazioni riguardo ai genitori che possono usufruirne.
Il congedo parentale non può essere ottenuto dai genitori disoccupati o sospesi dal lavoro, dai genitori che lavorano come domestici o dai genitori che svolgono attività lavorativa da casa. Spetta ai genitori fino ai 12 anni di età del bambino, e il periodo complessivo tra entrambi i genitori non può superare i 10 mesi. Tuttavia, è possibile prorogare questo limite di un ulteriore mese se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno 3 mesi.
Ecco chi può richiedere il congedo di maternità facoltativo:
- madri lavoratrici dipendenti: possono usufruire del congedo parentale per un massimo di 6 mesi, sia in maniera continuativa che frazionata;
- padri lavoratori dipendenti: hanno diritto a un congedo di massimo 6 mesi, sia in maniera continuativa che frazionata. Questo periodo può aumentare a 7 mesi se il padre si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Inoltre, il padre lavoratore può richiedere il congedo anche mentre la madre sta usufruendo della maternità obbligatoria, dopo il parto e anche se la madre non lavora;
- un genitore singolo: sia il padre che la madre possono richiedere il congedo per un periodo massimo di 10 mesi (aumentato a 11 mesi dalle ultime decisioni del governo), sia in maniera continuativa che frazionata.
Il congedo parentale spetta anche ai genitori adottivi o affidatari, e le modalità di assegnazione sono simili a quelle dei genitori naturali.
Il periodo di congedo può essere usufruito anche a ore, senza interrompere completamente il rapporto di lavoro, seguendo le regole definite dai contratti nazionali di settore. In caso di mancanza di tali norme, il decreto legislativo n.80 del 15 giugno 2015 stabilisce che il congedo può essere fruito per metà dell’orario lavorativo precedente all’inizio del congedo. È anche possibile trasformare il rapporto di lavoro da full-time a part-time al posto del congedo parentale o entro i mesi ancora disponibili di congedo.
Le lavoratrici autonome possono beneficiare del congedo parentale (ma non i padri lavoratori autonomi) secondo norme specifiche e periodi appositi, ma a condizione che abbiano effettuato il versamento dei contributi relativi al mese precedente a quello in cui ha inizio il congedo. È necessaria anche l’effettiva astensione dall’attività lavorativa per ottenere il congedo.