Il gender gap, o divario di genere, rappresenta un fenomeno complesso e radicato che continua ad affliggere la società contemporanea. Si tratta di una disparità tra uomini e donne che si manifesta in molteplici ambiti, influenzando le opportunità, i diritti e le prospettive di vita delle persone di diversi generi.
In questo articolo, ci addentreremo nell’analisi approfondita del gender gap, cercando di comprenderne le cause profonde e le conseguenze che comporta. Esploreremo gli aspetti sociali, culturali ed economici che contribuiscono a perpetuare questa disparità, mettendo in luce gli stereotipi di genere, le disuguaglianze salariali, l’accesso limitato alle opportunità educative e lavorative, nonché le barriere che impediscono alle donne di raggiungere posizioni di leadership e potere decisionale.
Gender gap: cos’è e quali settore coinvolge
Con l’espressione “gender gap” si indica la disparità tra uomini e donne, sotto forma di diversità nelle condizioni e nel trattamento riservato a ciascun genere in molteplici settori, che influiscono profondamente sulla vita quotidiana. Queste disparità si riscontrano in ambiti come la salute, l’educazione, il lavoro e l’accesso alle opportunità economiche, solo per citarne alcuni.
L’indicatore che valuta l’entità di questo fenomeno è il Global Gender Gap Index del WEF (World Economic Forum), che monitora il divario di genere da oltre un decennio, valutando principalmente quattro indicatori:
- il parametro “salute” prende in considerazione fattori come l’aspettativa di vita e l’età media differente tra uomini e donne, ma anche l’accesso alle cure di base e specialistiche;
- il parametro “educazione” coinvolge le percentuali di scolarizzazione, l’obbligo di frequenza scolastica e la disponibilità di percorsi di istruzione superiore accessibili a tutti, indipendentemente dal genere;
- il parametro “politica“, considera sia il suffragio universale, che rappresenta un importante diritto di partecipazione politica, sia il numero di donne che ricoprono ruoli istituzionali o di rappresentanza;
- il parametro “lavoro” prende in considerazione la disparità di opportunità lavorative tra i generi, ma anche le differenze salariali.
A quest’ultimo proposito, è importante affrontare la questione del gender pay gap, approfondendone significato e conseguenze nel mondo professionale.
Gender pay gap: un’ingiustizia persistente nel mondo del lavoro
Il divario retributivo di genere, noto anche come gender pay gap, è un argomento di grande dibattito tra dipendenti, dirigenti e politici sia in Italia che nel resto del mondo. In molti Paesi, la situazione salariale delle donne continua ad essere peggiore rispetto a quella degli uomini, senza una chiara correlazione con una minore preparazione o una gamma di competenze più limitata. E in questo l’Italia, purtroppo, non fa eccezione.
Calcolare il gender pay gap può risultare piuttosto complesso a causa delle diverse modalità di misurazione delle retribuzioni adottate nei vari Paesi, come ad esempio il salario orario, settimanale o mensile. Inoltre, ci sono diversi elementi che influenzano l’ammontare dello stipendio ma che non vengono presi in considerazione nei calcoli tradizionali del mercato del lavoro. Tra questi parametri rientrano il tipo di mansione svolta, le barriere all’ingresso (come l’accesso all’istruzione e la presenza di genitori single), la segregazione occupazionale e il numero di ore lavorate, solo per citarne alcuni.
Nel calcolo della differenza salariale tra uomini e donne si distinguono due tipologie:
- il gender pay gap non corretto (unadjusted gender pay gap), che considera solo lo stipendio medio;
- il gender pay gap corretto (adjusted gender pay gap), che tiene conto anche dei fattori che influenzano lo stipendio.
Per fornire un dato generale, secondo il rapporto biennale Global Wage Report dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, la differenza salariale tra uomini e donne su scala mondiale è del 20%. Questo dato, di per sé, evidenzia la persistenza di questo problema e la sua radicata presenza nella società.
Tra stereotipi e discriminazione: le cause che alimentano il gender pay gap
Il gender pay gap, ovvero il divario salariale di genere, è un problema complesso determinato da diversi fattori interconnessi. Tra le cause più evidenti vi è la discriminazione di genere, la differenza nei settori di lavoro, nelle ore lavorate e negli anni di esperienza acquisiti.
Analizzando nel dettaglio, alcune di queste cause sono strettamente legate alla cultura dei singoli Paesi, con un filo comune rappresentato dal ruolo stereotipato di curatrici della casa e della famiglia, spesso attribuito alle donne. Questo stereotipo le allontana dall’intraprendere carriere impegnative o che le conducano a posizioni apicali.
In altri casi, ci sono considerazioni più pragmatiche legate al tipo di lavoro svolto dalle donne lavoratrici. Spesso queste occupazioni rientrano nella categoria di “high touch”, che in sostanza indica lavori manuali e che, in media, sono meno retribuiti rispetto a lavori qualificati a prevalenza maschile.
Inoltre, le donne sono spesso responsabili delle esigenze di assistenza familiare, il che le porta ad accettare più frequentemente lavori a tempo parziale. Tuttavia, se si sommano le ore settimanali di lavoro di una donna, considerando sia il lavoro retribuito che quello non retribuito, emerge il fatto che le donne lavorano effettivamente più ore degli uomini pur guadagnando meno.
Le responsabilità familiari rappresentano un motivo frequente di interruzione di carriera per le donne. Di conseguenza, accumulano meno esperienza nel corso del tempo rispetto agli uomini e rischiano di perdere importanti opportunità di crescita durante i periodi di assenza dal lavoro.
Gender gap: com’è la situazione in Italia e nel mondo?
Come abbiamo visto, ogni anno il Global Gender Gap Index, prende in considerazione i dati forniti da 146 Paesi, elaborando un’analisi del divario di genere in diverse aree, come l’istruzione, la salute, la vita economica e politica. Questi dati vengono tradotti in un indice che varia da 0 (assenza di parità) a 1 (parità totale).
Stando all’ultimo report disponibile, ovvero quello del 2022, l’Islanda ha nuovamente conquistato il titolo di paese più virtuoso, grazie alla presenza della parità salariale obbligatoria per le aziende con oltre 25 dipendenti. Tuttavia, gli esperti stimano che ci vorranno ancora 132 anni per colmare il divario di genere nel resto del mondo, mentre in Europa saranno necessari 59 anni.
Com’è la situazione del gender gap in Italia?
Attualmente, l’Italia si posiziona al 63º posto, con un valore di 0,720 punti (rispetto a 0,721 nel 2021), ottenendo risultati inferiori rispetto a nazioni come l’Uganda e lo Zambia. Altri paesi europei si trovano molto più avanti: la Germania è al decimo posto, la Francia al quindicesimo e la Spagna al diciassettesimo.
A conferma dell’esistenza di una situazione problematica, il Rapporto Inapp 2022 evidenzia che, nonostante la crescita dell’occupazione, il divario di genere rimane ampio: attualmente, il 69,5% degli occupati sono uomini, mentre il 51,4% sono donne. La percentuale di disoccupazione tra gli uomini è del 6,8%, mentre tra le donne raggiunge il 9,2% (considerando le fasce di età più giovani, le percentuali salgono rispettivamente al 27,7% e al 32,8%). Analizzando le nuove assunzioni avvenute nel primo semestre del 2022, il 49% delle donne è stato assunto a tempo parziale (contro il 26,2% degli uomini).
Il gender gap in Italia, soprattutto nel contesto lavorativo, si traduce quindi in una maggiore difficoltà nell’accesso al lavoro e nella prevalenza di contratti precari e a tempo parziale. Una delle misure adottate dall’Italia per ridurre il Gender Pay Gap è la Legge del 5 novembre 2021 n. 162 sulla parità salariale, che è entrata in vigore il 3 dicembre dello stesso anno. Tra le innovazioni più rilevanti introdotte dalla legge vi è l’istituzione di una certificazione di parità di genere. Le aziende private che otterranno questa certificazione potranno beneficiare di sgravi contributivi.
Ridurre il gender gap in azienda: strategie per favorire l’uguaglianza di genere
Ogni azienda, nel rispetto dei propri valori, stile e esigenze organizzative, ha il potere di fare la differenza nella riduzione del gender gap, a partire dalle persone che occupano ruoli decisionali come HR manager, Amministratori Delegati e Direttori Generali. Vediamo quali sono le azioni concrete che un’azienda può adottare per ridurre il gender gap, se non addirittura eliminarlo:
- creare opportunità che possano venire incontro alle esigenze delle lavoratrici madri;
- implementare politiche di sostegno alla maternità, come il telelavoro flessibile, l’offerta di bonus per l’asilo o, in alcuni casi, l’istituzione di asili interni;
- favorire la leadership al femminile, garantendo opportunità di posizioni di vertice a donne adeguatamente formate;
- assicurare parità retributiva basata su criteri meritocratici trasparenti e condivisi;
- coinvolgere attivamente tutti i dipendenti, senza alcuna distinzione di genere, in progetti aziendali;
- adottare una gestione trasparente e meritocratica in fase di colloquio di lavoro;
- promuovere azioni concrete per garantire a tutti, inclusi le donne, un benessere lavorativo e un equilibrio tra lavoro e vita privata;
- diffondere e sensibilizzare la cultura dell’uguaglianza di genere in azienda.
Adottare queste strategie consente all’azienda di creare un ambiente di lavoro inclusivo, promuovendo l’uguaglianza di genere e sostenendo il pieno sviluppo e la realizzazione professionale di tutti i dipendenti, a prescindere dal genere.